Depersonalizzazione: un termine utilizzato per descrivere la sensazione di essere scollegati dal proprio corpo e dalle proprie funzioni mentali. Un’esperienza spiacevole, che fa sentire la persona che ne soffre come se stesse osservando se stesso e la propria esistenza dall’esterno. Depressione, attacchi di panico e ansia sono tra le principali cause della depersonalizzazione, ma non le uniche.

Sebbene siano spesso associate, la depersonalizzazione non è da confondersi con la derealizzazione, ovvero la sensazione di distaccamento dal mondo esterno. Analizziamo come riconoscere la depersonalizzazione e come eliminarla.

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Depersonalizzazione: ansia e altre cause

Come testimoniato da uno studio eseguito dal Depersonalization Research Unit dell’Institute of Psychiatry del King’s College di Londra, l’ansia è una delle principali cause della depersonalizzazione. In generale, il disturbo colpisce prevalentemente persone che hanno sperimentato situazioni fortemente impattanti sul piano emotivo o forte stress.

Alcuni esempi di eventi scatenanti possono essere:

  • un lutto, perdita di un famigliare o di una persona cara
  • la grave malattia di un famigliare o di una persona cara
  • l’essere stato testimone di scene di violenza o abusi (fisici o psicologici) o averli subiti in prima persona
  • Forti crisi personali, lavorative o finanziare
  • L’aver vissuto situazioni di grande pericolo per la propria incolumità.

Non è un caso che eventi di questo tipo e di questa entità possano essere l’origine alla base di problemi quali la depressione o il disturbo d’ansia e conseguenti attacchi di panico.

Ma, come anticipato, queste non sono le sole possibili cause del disturbo di depersonalizzazione. Altri fattori scatenanti possono essere:

  • L’abuso di sostanze stupefacenti e droghe
  • L’abuso di alcol
  • Privazione del sonno
  • Crisi epilettiche
  • Ictus
  • Schizofrenia
  • Disturbi della personalità.

Dal momento che la depersonalizzazione è un sintomo, è indispensabile eseguire esami e test mirati, in modo da individuarne, tra le tante plausibili, la causa effettiva e risolvere il problema all’origine, nel modo più efficace possibile.

Come si può capire se si soffre di depersonalizzazione? I sintomi

Il disturbo di depersonalizzazione si manifesta generalmente entro i 40 anni di età, mentre è estremamente raro nei soggetti più anziani.

I sintomi della depersonalizzazione possono manifestarsi gradualmente ma anche comparire all’improvviso, con episodi che possono durare qualche ora così come mesi.

A seconda della gravità del disturbo, i sintomi possono palesarsi con intensità più o meno elevata e consistono nella sensazione di distaccamento dal proprio corpo e dalla mente.

Data la natura del disturbo, la persona che soffre di depersonalizzazione può incontrare forti difficoltà nel cercare di descrivere i sintomi e le sensazioni che sta provando e, talvolta, può arrivare a pensare di stare per impazzire, di soffrire di qualche tipo di malattia mentale o di aver subito dei danni cerebrali.

La comparsa di pensieri e sensazioni di questo tipo non può che aggravare la situazione, far sprofondare la persona nello sconforto e causare, a sua volta, un peggioramento della qualità e della quantità del sonno, provocare ulteriore stress, aumentare il livello di ansia o peggiorare la depressione già esistente, innescando un circolo vizioso in cui cause e sintomi si influenzano vicendevolmente.

Guarire dalla depersonalizzazione, come uscirne

Per poter guarire dalla depersonalizzazione occorre individuare la causa del problema e affrontare i fattori scatenanti del disturbo. Generalmente la depersonalizzazione viene affrontata con dei percorsi di psicoterapia, supportati, talvolta, dall’impiego di farmaci ansiolitici e antidepressivi che contribuiscono alleviando gli altri sintomi di ansia e depressione.

Per quanto riguarda la psicoterapia, uno specialista potrà suggerire l’applicazione del modello orientato per fasi (van der Hart, Nijenhuis & Steele, 2011), particolarmente efficace per il trattamento dei disturbi dissociativi.

  • Prima fase: stabilizzazione e riduzione dei sintomi. Lo scopo di questa fase è quello di aiutare la persona a gestire i sintomi della depersonalizzazione attraverso esercizi specifici. L’impiego di tecniche di grounding consente di ricostruire l’ancoraggio della persona alla realtà. In questa fase la persona impara a riconoscere e tollerare le emozioni negative da cui normalmente tenta di sfuggire.
  • Seconda fase: è quella dell’elaborazione dell’avvenimento traumatico, causa del disturbo di depersonalizzazione. Attraverso questa fase la persona acquisisce un maggiore controllo delle proprie esperienze e migliora la comprensione di sé e della propria storia, in modo da eliminare la paura del ricordo traumatico.
  • Terza fase: è la fase più complessa del percorso. L’obiettivo è l’integrazione delle esperienze traumatiche della persona per favorirne la riabilitazione. In questa fase la persona impara a superare le paure che si incontrano nella vita di tutti i giorni, a instaurare un rapporto sano con il mondo esterno e più intimo con gli altri. Aiuta la persona a rompere il legame che la tiene bloccata nel passato doloroso e a concentrarsi sul presente.
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